Quando facevo paracadutismo ricordo che durante il volo che conduce ai 4000 metri eravamo tutti stretti come sardine.
Si volava in undici su un aeroplano più piccolo di una Volvo familiare.
Davanti, per quello, si stava belli comodi ma a parte il pilota c’era posto solo per uno, mentre gli altri nove viaggiavano ammassati gli uni sugli altri come pezzi di Tetris umano nel bagagliaio di questa station wagon con le ali.
Non credo che senza averlo provato si possa davvero capire quanto stretti si stesse su quel cavolo di aereo ma giusto per dare un’idea: se subito dopo si salisse su un qualsiasi volo Ryanair si avrebbe la sensazione di volare nella più comoda e sfarzosa delle Business Class.
I circa 15 minuti di volo per arrivare alla quota di lancio, a me stavano poi particolarmente antipatici, non tanto perché soffrissi di claustrofobia ma più che altro perché ho sempre sofferto di mal d’aereo.
Aspettavo con ansia che il portellone si aprisse, non solo perché significava che finalmente era arrivato il momento di saltare, ma soprattutto perché in quel momento l’aria che entrava all’interno della carlinga mi toglieva il voltastomaco.
Di solito, durante la risalita, per ingannare la nausea giocavo a:
Anche tu qui? Come mai?
Il gioco consisteva nel cercare di capire quali erano le motivazioni di chi faceva uno sport così particolare.
Sebbene i paracadutisti navigati fossero più taciturni e occorrevano molte risalite con loro per capire qualcosa, quando s’imbarcava sull’aereo qualche allievo della scuola che stava ancora facendo il corso o qualche ospite/turista che stava per fare un salto in tandem, il materiale da ascoltare e su cui riflettere era molto.
Dopo un paio d’anni a giocare avevo trovato più di una ventina di ragioni completamente diverse per cui la gente saltava dall’aereo.
Turisti, allievi, principianti e veterani sembravano tutti avere motivi diversi e ascoltandoli mi pareva che ognuno di loro ricavasse da quel tuffo un’esperienza completamente diversa da quella degli altri.
Le differenze più eclatanti erano ovviamente legate al numero di lanci che la persona aveva già fatto.
Chi saltava per la prima volta imbragato con un istruttore era spesso mosso da emozioni completamente diverse da chi saltava per il millesimo lancio.
Ma non si trattava solo di un’evoluzione legata ai numeri, quanto piuttosto a cosa ogni persona riusciva a ricavare da quell’esperienza.
Mentre alcuni amavano saltare da soli, per altri lo scopo era disegnare delle formazioni in volo con i propri amici.
Qualcuno usava una tuta alare per volare il più lontano possibile con il corpo, mentre qualcun altro adorava solo fare capriole nel cielo o starsene a testa in giù.
Alcune persone lo facevano per l’adrenalina, altre invece perché quell’esperienza le faceva sentire libere.
Qualcuno cercava la pace interiore e usava il paracadutismo come una valvola di sfogo dallo stress della vita quotidiana, mentre per altri ancora il salto non era per nulla rilassante perché ogni lancio era animato da tensione agonistica e finalizzato solo alla vittoria di una gara.
Come ti dicevo prima ascoltando i miei compagni di volo ho scoperto più di venti macro categorie, ma la cosa più strana, per me, non era che ce ne fossero così tante (e forse chi lo sa? …anche di più!) quanto che la gente che non aveva mai saltato da un aereo e che non aveva mai parlato con un vero paracadutista pretendesse di avere delle idee molto più chiare delle mie su che tipo di persone fossero i paracadutisti e sul perché facessero quello sport.
Per chi non conosce il paracadutismo, esiste una sola grande categoria di persone che praticano questo sport… catalogabili e liquidabili tutte con qualche commento generalista.
Se provi a farci caso, scoprirai anche tu che la maggior parte della gente ignora completamente le differenze enormi che ci sono, non solo tra le varie sotto discipline, come per esempio il volo relativo o il freefly, ma in particolar modo ignora completamente che ogni paracadutista vive e interpreta l’esperienza del salto nel vuoto in modo unico.
Stessa esperienza ma risultati diversi
Questo semplice gioco per ingannare la nausea mi ha aiutato a capire come la stessa esperienza può avere un valore personale completamente diverso da un essere umano all’altro.
L’esperienza in sé ha una portata limitata e da sola non è in grado di livellare le persone sullo stesso piano perché ciò che conta davvero è l’essenza dell’uomo su cui questa va a impattare…
…e giudicare una persona solo dalle sue esperienze è molto difficile se non addirittura impossibile quando non si sono condivise almeno in parte le stesse avventure.
Molti cedono alla tentazione di catalogare tutte le persone che fanno esperienze simili e cercano così di attribuire all’esperienza stessa particolari virtù o difetti…
…ma la verità è che più dell’esperienza stessa ciò che conta è lo spirito con cui questa viene fatta e vissuta.
E’ sotto gli occhi di tutti: viviamo continuamente situazioni simili ma ne ricaviamo insegnamenti diversi.
Lo stesso evento per qualcuno può essere un’occasione di crescita mentre per qualcun altro può rivelarsi così traumatico da portare a un peggioramento del proprio carattere.
Se poi parliamo di esperienze profonde, complesse o dolorose allora le diversità nelle reazioni diventano ancora più evidenti.
In questi casi solo chi ha una certa maturità o è aiutato dalla guida di una persona saggia ha gli strumenti per analizzare correttamente il proprio vissuto e ricavarne un buon insegnamento.
Prendi per esempio una bocciatura: la stessa esperienza può portare due persone a reagire in modo completamente diverso.
Una persona può pensare di essere inadatta allo studio e decidere così di non investire oltre nella conoscenza accademica, mentre un’altra può reagire trovando la motivazione per studiare di più in modo che una situazione del genere non si ripresenti mai più.
In qualche modo le esperienze sono molto simili agli oggetti.
Magari sono più complesse e strutturate ma anche loro, proprio come gli oggetti, spesso non sono né buone né cattive:
Tutto dipende da come vengono usate o interiorizzate.
Un coltello in mano a mia nonna diventa uno strumento che la aiuta a preparare un’ottima cena mentre in mano ad un serial killer produce solo persone morte.
Con le esperienze è la stessa cosa.
Prendi per esempio le arti marziali, la difesa personale o ancor di più il combattimento:
queste non sono né buone né cattive in assoluto.
Tutto dipende da quale insegnamento il praticante ne riesce a ricavare.
Il combattimento per esempio ha un potenziale enorme:
E’ la Bugatti Veyron delle esperienze di crescita personale ma per contro, così tanto potenziale in mano a una persona incapace di gestirlo, conduce come minimo a un brutto incidente con molte vittime.
Per esempio una persona violenta o mentalmente instabile non dovrebbe essere incoraggiata a combattere…
…mentre per chi ha una mente sana e può contare su un buon insegnante questa è un’esperienza assolutamente da fare.
Il combattimento e la gente
Incoraggiare una persona mentalmente sana e magari benestante a combattere potrebbe sembrare a molti una follia perché, come per il paracadutismo, all’esterno le persone tendono a generalizzare concentrandosi soprattutto sui difetti.
Praticamente nessuno è al corrente di come il combattimento se ben studiato possa servire come strumento di crescita personale…
…anzi…
…come probabilmente anche tu avrai notato, la maggior parte degli italiani che non conoscono questo mondo cataloga ogni forma di combattimento come inutile violenza…
…o al massimo come uno spettacolo circense da guardare o da linkare su Facebook.
Non voglio dire che abbiano torto in assoluto, infatti, come spesso capita con le generalizzazioni, purtroppo, un fondo di verità esiste e, in effetti, in alcune palestre, il combattimento è solo violenza gratuita…
…ma in questo scenario non si esauriscono tutte le possibilità e chi si ferma solo a un giudizio superficiale, perde la più grande delle occasioni di crescita personale.
Il combattimento senza una guida saggia è solo violenza.
Nel combattimento avere un buon maestro è fondamentale perché a differenza di altri sport hai bisogno dell’aiuto di una persona che non sia solo esperta delle meccaniche ma che sia anche molto saggia.
Se vuoi vivere l’esperienza del combattimento senza riportare inutili danni e vuoi riuscire a ricavarne il giusto insegnamento l’unico modo e trovare un buon maestro.
So che questo è difficile e che nella maggior parte delle palestre il combattimento non viene certo usato come strumento di crescita personale ma in questo articolo non voglio dedicare spazio ai cattivi insegnanti.
In questo articolo voglio parlare in positivo per cui nelle prossime righe tratterò solo di come per esempio io insegno il combattimento nelle mie palestre o, più in generale, di come il combattimento per chi ha un certo livello di maturità e d’integrità morale sia una pratica eccezionale.
P.S. se questo è il primo articolo che leggi e sei preoccupato di finire in un a palestra stile “Kobra Kai” (i cattivi del vecchio film Karate Kid) puoi scaricare la guida gratuita sui cattivi maestri o leggere, sempre qui su Guerriero Efficace, qualche altro articolo.
Il segreto è imparare a giocare come tigri
Il tipo di combattimento che ci fa migliorare di più non è quello che puoi fare in gara ma quello che si può fare in palestra con i propri compagni perché quando non si tira al 100% c’è la possibilità di concentrarsi di più su noi stessi per cercare di migliorare le nostre performance.
Quando si gareggia, infatti, non c’è spazio per migliorare, si può solo tirare fuori quello che già si ha.
Avere un momento di scontro al 100% come per esempio in un torneo è sicuramente importante ma contrariamente a quello che la maggior parte delle persone crede la vera sfida non è quando combatti in gara, ma quando ti prepari.
Il successo, infatti, non è un evento ma un processo che prevede anni di preparazione fisica e tecnica.
Come in un corso di laurea, la parte difficile non è discutere la tesi ma superare tutti gli esami e scrivere la tesi stessa.
Dal punto di vista della crescita personale quindi la gara non è poi così importante ma lo è molto di più l’allenamento…
…e tra tutti i tipi di allenamento per me il più interessante e il più formativo è il combattimento leggero (detto anche sparring leggero).
Questo modo di imparare e di affinare le proprie abilità è lo stesso che usano i cuccioli di tigre quando giocano tra di loro senza ferirsi mortalmente…
…e come sicuramente ti ricorderai da quando eri bambino, giocare è il modo più bello per imparare.
Se trovi quindi, una palestra che oltre a prepararti fisicamente e tecnicamente t’insegna a giocare con lo sparring, scoprirai che grazie a quest’esperienza potrai crescere tantissimo.
Proprio come per i cuccioli di tigre anche per noi il combattimento non letale è il re dei giochi.
Ti rende più adatto alla sopravvivenza e rinforza il tuo spirito.
Nel gioco senza tensione agonistica è più facile sopportare il dolore e si può perfino imparare a sopportare l’umiliazione di un pugno in faccia senza crollare.
Con la guida di un buon insegnante il gioco ti aiuterà a liberare la mente da cattiveria e rabbia lasciando posto solo a determinazione e coraggio.
Senza fretta e lontano dalla gara hai il tempo di maturare con i tuoi ritmi come farebbe un frutto al sole:
così allenamento dopo allenamento ci si scopre più forti e in grado di affrontare con coraggio non solo il combattimento in palestra ma anche i problemi della vita di tutti i giorni.
L’umiltà è l’autostrada della crescita personale
Un’altra ottima ragione per praticare il combattimento sotto la guida di un buon maestro è che lui ti trasmetterà il senso dell’umiltà.
L’umiltà non va mai confusa con la modestia.
Il modesto è una persona che finge di non saper fare per trarne dei vantaggi sociali mentre la persona umile non ostenta ciò che sa fare perché è concentrata sull’imparare più che sul mostrare ed è alla costante ricerca del superamento dei propri limiti.
Un buon maestro ti trasmette l’umiltà insegnandoti a perdere.
Nessun atleta, infatti, può vincere sempre e prima o poi tutti noi dobbiamo fare i conti con i nostri limiti.
Nelle arti marziali, poi, perdere è molto più difficile che in altri sport perché ricevere un pugno in faccia, è la sconfitta più dolorosa e personale che si possa provare.
Tuttavia solo imparando a perdere si può imparare anche a vincere e solo un buon maestro saprà aiutarti a capire come farlo.
Quando saprai perdere e accetterai la sconfitta come possibile, sarai finalmente pronto a combattere con tutto il tuo potenziale.
Se temi la sconfitta o il dolore non darai mai il 100%, né nel combattimento, né nella vita.
Un guerriero efficace, quindi, sa perdere con dignità e ha il carattere per combattere con tenacia sia in palestra sia per le cose importanti della sua vita.
C’è di più!
Un altro insegnamento fondamentale legato all’umiltà che si può apprendere dal combattimento è questo:
Raramente riuscirai a fare tutto ciò che vuoi!
Controllare il combattimento è quasi impossibile perché la tua volontà si scontra con quella dell’avversario.
Occorre accettare l’imprevisto come possibile adattandosi continuamente al mutare delle cose come suggeriva Bruce Lee quando diceva “Be Water!”.
Nel combattimento si nasconde quindi un grande insegnamento di vita perché la nostra esistenza è molto simile a ciò che succede in piccolo quando lottiamo in palestra o sul ring.
Puoi usare la tua preparazione, il tuo coraggio e la tua determinazione per andare in una direzione, ma non puoi mai controllare tutte le variabili.
Questa cosa è evidente non solo a scuola, nel mondo del lavoro o quando pratichiamo i nostri hobby ma ancor di più quando ci relazioniamo con gli altri esseri umani.
Pensa per esempio a un figlio o più in generale alle altre persone: le puoi educare o influenzare ma di certo non le puoi controllare…
…e questo è un grandissimo insegnamento!
Infatti, la tua vita, proprio come il combattimento, può essere spinta dalla preparazione e dalla volontà in una specifica direzione ma non può mai essere completamente controllata.
Nella vita come nel combattimento a volte si vince e altre volte si perde…
…ma solo chi ha la forza per guidare attivamente se stesso e per rialzarsi temprato da ogni sconfitta può definirsi un vero guerriero e potrà dire un giorno di aver vissuto davvero.
“oggi sii umile, sorridi e allenati perché presto sarà già domani”
Alla prossima
Enrico Luciolli
Si condivido pienamente.
Però non avevo mai sentito “Il tipo di combattimento che ci fa migliorare di più non è quello che puoi fare in gara ma quello che si può fare in palestra con i propri compagni, quando non si tira al 100% c’è la possibilità di concentrarsi di più su noi stessi per cercare di migliorare le nostre performance”. Io ho pensato sempre al contrario, perchè affrontando avversari che non conosci, l’impegno dovrebbe essere maggiore.-