Nell’ultimo articolo ho lodato gli stili tradizionali, elencando i motivi per cui praticarli è un’ottima scelta.
Oggi invece ti spiegherò perché molto spesso le arti marziali tradizionali, così come i corsi di difesa personale che vengono insegnati nello stesso modo, rischiano di essere inutili in una situazione reale.
La maggior parte delle arti marziali fanno affidamento sul dolore.
Proprio uno dei vantaggi dell’allenamento tradizionale, ovvero le tecniche simulate, rischia di trasformarsi in un ostacolo in combattimento, almeno fino a che non riusciamo a liberarci di alcune convinzioni errate.
Che cosa voglio dire?
Pensa a un esercizio che preveda la possibilità di colpire l’avversario grazie a una schivata o a una parata.
L’hai fatto?
Bene!
Se pratichi da qualche tempo, ti verranno in mente decine di applicazioni di questo principio.
Ora in quest’esempio non m’interessa discutere se queste tecniche nella realtà potrebbero funzionare o meno.
Facciamo finta che quelle tecniche si possano usare e che tu sia riuscito ad usarle.
Quello che di solito succede nei corsi di tradizionale e nei corsi di difesa personale inutili/truffa (cioè quelli dove si studiano solo tecniche) è che di solito, a seguito del colpo di contrattacco, l’insegnante passa a manipolare il corpo dell’avversario, dando per scontato che il primo colpo sia sufficiente a stordire l’avversario e a renderlo una marionetta.
Se non ti è chiaro il processo, prova a cercare su youtube qualche video di applicazioni del tradizionale o se preferisci guardare qualcosa di difesa personale cerca quelli per donne o i video di disarmo da coltello o pistola. Se cerchi questi ultimi troverai migliaia di sedicenti stregoni militari che abbattono e disarmano mazzetti di allievi compiacenti cercando di convincerti che la realtà è esattamente come te la mostrano loro.
…ah!!!
…so già che se fai uno di quei corsi ti ho fatto arrabbiare di brutto con le mie parole e hai anche già l’obbiezione pronta!
Confessalo! stai pensando:
“Sì tu dici così ma ti sbagli!!!! perché se nel mio contrattacco gli ho rotto una costola, gli ho dato un pugno in faccia, gli ho dato un calcio nelle palle, gli ho messo un dito nell’occhio, ecc. allora si può!”
No! Mi spiace: le cose non stanno così e te lo posso dimostrare.
La gestione del dolore in allenamento è completamente diversa dalla gestione del dolore in combattimento.
Il dolore è una brutta bestia e quasi a nessuno piace sentirlo.
In allenamento sai che il dolore finirà se ti sottometterai al maestro che ti sta manipolando mentre se opponi resistenza, la cosa peggiorerà.
In allenamento è normale che con l’uso del dolore l’istruttore o il tuo compagno riesca a portarti a terra, manipolarti, immobilizzarti ecc.
E qui nasce il problema: perché in strada succede l’esatto contrario:
la paura di morire e l’istinto di sopravvivenza, portano chiunque a opporre resistenza.
Non solo! In un ambiente non controllato, di fronte a uno scenario imprevisto e pericoloso, il tuo corpo mette in atto delle vere e proprie strategie per aumentare le possibilità di sopravvivenza.
La reazione immediata è di produrre adrenalina, e il dolore non è più un problema.
Forse ti è capitato di persona, o magari hai avuto modo di vedere su Youtube il video di qualche Epic Fail.
Sai quei video dove qualcuno si fa malissimo?
La gente in quei video si schianta nei modi più incredibili, si rompe di brutto ma a meno che non muoia ha come prima reazione quella di rialzarsi.
Nelle risse spesso succede la stessa cosa: gente che cade e continua a rialzarsi, o peggio non va proprio giù.
Personalmente ho avuto una vita sportiva piuttosto movimentata, e ho praticato molti sport estremi anche ad alti livelli. A tutt’oggi ho riportato 14 fratture, di cui alcune davvero terribili. Te ne racconto giusto un paio affinché tu abbia una testimonianza reale:
Nel 2008, praticando sci freestyle, sono caduto da circa 5 metri d’altezza.
Stavo cercando di portare a termine un’evoluzione sicuramente alla mia portata ma la sicurezza mi ha giocato un brutto scherzo: ho preso troppa velocità per la lunghezza della rampa. Il risultato? Sono andato lungo, superando per intero la rampa di atterraggio e atterrando sul piano ghiacciato al termine della discesa.
Per mia fortuna ero su un salto da 10 metri di flat, perché di solito praticavo evoluzioni dai 15 ai 24 metri e se avessi sbagliato su un salto di quelle dimensioni, sarebbe andata decisamente peggio!
La mia reazione dopo lo schianto è stata quella di rialzarmi. Ero un po’ stordito ma lì per lì mi sono rialzato, ho preso la seggiovia, ho fatto un’altra mezza pista e sono arrivato alla mia macchina.
Sapevo che mi ero sicuramente rotto ma con l’adrenalina in corpo avevo un certo margine prima che il dolore mi paralizzasse.
Così decisi di cambiarmi e andare al pronto soccorso vicino a casa mia. Durante il tragitto di un’ora e mezza l’adrenalina è scomparsa e il dolore è aumentato fino a essere insopportabile. Non ero più in grado di muovermi dal sedile della macchina, ho dovuto addirittura chiamare l’ambulanza per farmi trasportare dal parcheggio esterno all’ospedale (il viaggio in ambulanza più breve della storia a detta degli operatori che mi hanno soccorso!).
Le radiografie parlavano chiaro: cadendo mi ero fratturato il bacino. Prima di ricominciare a camminare ho fatto quasi due mesi tra letto e carrozzina: ho ancora le foto di quando andavo a insegnare ai ragazzi (aiutato dai miei allievi istruttori) sulla sedia a rotelle.
Forse penserai che io sono un caso particolare, e in minima parte forse è così, perché dopo molte fratture ho accumulato esperienza nel sapere come si comporterà il mio corpo…
…ma ti assicuro che quando la tua vita (o quella di qualcuno di caro) è in pericolo, il corpo attinge a risorse inaspettate.
A 14 anni quando ho fatto il mio primo incidente in motorino non avevo esperienza di arti marziali (a parte un anno di judo da bambino), non mi ero mai rotto un osso e non ero certo condizionato ma dopo un frontale con una macchina che è passata con il rosso la mia prima reazione è stata di rialzarmi. In quell’occasione tra i vari traumi ho rotto in più punti le 2 ossa dell’avambraccio (ancora oggi il mio braccio destro è più corto di un paio di centimetri di quello sinistro).
Ma mi sono rialzato e solo dopo qualche minuto ho realizzato che mi ero rotto il braccio!
Non ci credi ancora? Pensa ai pugili, o agli atleti di Muay Thai o MMA. Quanti colpi subiscono prima di andare KO? Se il dolore fosse così limitante, si fermerebbero dopo il primo scambio di pugni.
Nella difesa personale è uguale.
Per questo spesso dico che le tecniche funzionano solo se insegnate per trasmettere una motricità e non un’applicazione specifica.
Nella tecnica, la reazione del compagno è prevedibile perché reagisce al dolore in maniera standard: nella realtà il dolore il più delle volte non viene percepito.
Occorrono moltissimi colpi per arrestare l’avversario ma soprattutto quando lo colpiamo lui non resta a piangersi addosso per il dolore ma il più delle volte ci colpisce proprio nel momento (o pochi istanti dopo) in cui riceve il nostro attacco.
Chi immagina il combattimento come una partita a tennis nella quale ci si tira una pallina fino a che uno dei due non fa punto, non ha capito niente.
Ricorda: solo perché hai colpito l’avversario, non vuol dire che questo smetterà di attaccarti e che tu potrai fare del suo corpo quello che vuoi.
Lo so che non sei ancora convinto…
dai dillo: …”e ma se gli metto le dita negli occhi?”
Ok te la faccio io una domanda:
Davvero se avessi Tyson davanti a te pensi che se gli mettessi le dita negli occhi smetterebbe di colpirti?
o forse è più probabile che ti staccherebbe la testa a morsi?
…”eh ma mica sono tutti come Tyson!” penserai tu.
Si è vero ma ti assicuro che quasi nessuno muore volentieri…
…specie poi se parliamo di un vero aggressore, cioè di una persone che ha cattiveria, violenza e aggressività nel sangue, che ha subito a sua volta violenze e torture e che magari ha già molta esperienza di aggressioni.
P.S. Se in un combattimento vero il dolore non viene percepito immediatamente dalle persone normali pensa a quanto sia irrilevante poi se l’aggressore per caso è drogato.
Vuoi un consiglio da amico?
Smetti di pensare che perché hai colpito l’avversario ora tocca a te!
Quello che sto cercando di dirti è che le tecniche prevedono una linearità degli avvenimenti del tipo se A allora B.
Ma questa non è la realtà! Questo è l’allenamento!
Solo lo sviluppo di un’intelligenza motoria complessa e in grado di gestire le variabili del combattimento, può darti gli strumenti per spostare l’ago della bilancia in tuo favore.
E davvero credimi quando ti dico che se parliamo di difesa personale…
…un corso che non ti fa sperimentare il combattimento e che si basa solo sulle tecniche a scenario è utile nel mondo reale come una bicicletta ad un pesce!
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P.S. il 97% scritto nel titolo è volutamente provocatorio e non è un dato da prendere alla lettera.
“oggi sii umile, sorridi e allenati perché presto sarà già domani”
Alla prossima
Enrico Luciolli